giovedì 30 giugno 2011

Manifesto dell'Alleanza Ribelle




Manifesto dell’Alleanza Ribelle

La nostra casa – la Terra – è in pericolo. VolksWagen si oppone a due leggi europee fondamentali per la salvaguardia del clima: innalzamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e maggiore efficienza delle automobili. Due leggi vitali se non vogliamo fare la fine del pianeta Alderaan (distrutto dalla Morte Nera…). Ma non tutto è perduto. Percepiamo del Bene in VW.
Tutti noi, membri dell’Alleanza Ribelle, chiediamo a VW di abbandonare il Lato Oscuro della Forza e di dare al nostro pianeta una possibilità di salvezza.

1

Sostenere un forte abbattimento delle emissioni di CO2.

Nonostante la sua immagine “green”, Volkswagen spende ogni anno milioni di Euro per finanziare le lobby che impediscono all’Europa di innalzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, dal 20% al 30%, entro il 2020. Aziende virtuose come Google, Ikea, Sony, Unilever, Philips e Barilla sostengono già l’innalzamento degli obiettivi sul clima. Volkswagen non può permettersi di rimanere indietro.
2

Promuovere la produzione di auto più efficienti.

Le auto con consumi di carburante bassi fanno risparmiare ed emettono meno CO2. Da sempre Volkswagen si oppone al miglioramento degli standard di efficienza, ma interrompere la nostra dipendenza dal petrolio è una necessità. Come prima azienda automobilistica in Europa, VW incide moltissimo sulle emissioni e ha una grande responsabilità ambientale. Per questo deve cambiare e sostenere standard ambiziosi, d’ora in avanti.
3

Più fatti, meno parole.

Volkswagen sostiene di voler essere “il produttore d’auto più ‘eco-friendly’ al mondo”, ma i suoi modelli più efficienti, nel 2010, hanno rappresentato soltanto il 6% delle sue vendite. Volkswagen ha la tecnologia per fare molto meglio di così: deve impegnarsi per produrre solo veicoli “oil free” entro il 2040. (Per maggiori informazioni leggi l’intero rapporto)

mercoledì 29 giugno 2011

NO TAV- lettera aperta al Ministro Maroni


Onorevole Ministro degli Interni Roberto Maroni,
Le scriviamo in merito alla difficile situazione che da vent’anni a questa parte si è venuta a creare in Valle di Susa a causa del progetto ad alta velocità Torino-Lione meglio conosciuto come TAV.
Fin dagli inizi era parso subito chiaro a tutti la grande contrarietà della popolazione e degli amministratori locali, ma la politica nazionale noncurante di numerosissime pacifiche manifestazioni di piazza con decine di migliaia di partecipanti fin da subito di diversi schieramenti partitici, ha sempre confidato in un addomesticamento che prima o poi avrebbe aggiustato le cose.


Ma è difficile addomesticare un popolo abituato a pensare, avido di conoscere partecipando a centinaia di riunioni pubbliche con tecnici esperti; sensibile durante le veglie di preghiera, i momenti culturali, i concerti e gli spettacoli teatrali no tav; desideroso di partecipare in prima persona in una comunità viva e di autodeterminare il proprio futuro. Un popolo fatto di famiglie, pensionati, studenti, operai, imprenditori,disoccupati, contadini e anche giovani dei centri sociali.


Una sinistra troppo sicura di sè, convinta che il movimento NO TAV stesse comodamente sotto il suo cappello e una destra miope che ha puntualmente avvallato questa tesi hanno portato una valle intera a trovarsi praticamente, o forse per scelta, orfana di rappresentanza politica.


La nascita di molte liste civiche è stato il naturale evolversi di una necessità impellente di trovare uno spazio rappresentativo e di partecipazione più diretta.


In quasi vent’anni il movimento no tav è cresciuto nei numeri e nella consapevolezza di essere nel giusto, grazie alla formazione-partecipazione alla quale la cittadinanza è stata costantemente stimolata. Da parte dei vari governi si è tentato in ogni modo di ridurre il problema a mera questione di ordine pubblico , invocando la volontà di una maggioranza silenziosa nei confronti di qualche centinaio di facinorosi anarco-insurrezionalisti. Pacchi bomba, proiettili, incendi ai presidi e lettere anonime provenienti da quella fogna primordiale fatta di menti malate, deviate (e l’ aggettivo non è casuale) o malavitose sono sempre giunti a destinazione con tempismo perfetto a supportare la tesi che vorrebbe il popolo no tav come un movimento eversivo.


Ma i fatti dimostrano che la “minoranza di qualche centinaio” diventa nei momenti importanti, spontaneamente, senza bisogno di nessuna organizzazione o ordine pre-organizzato, come se fosse la cosa più normale da fare , una massa di decine di migliaia di persone indignate in grado di prendere decisioni collettive e condivise.


Un meccanismo che a distanza di vent’anni stupisce ancora tutti noi.


Viceversa la famosa “maggioranza silenziosa” invocata dai vertici dei principali partiti di centro- destra e centro-sinistra assieme a Confindustria e unione industriali non ha mai dimostrato –nonostante la grande copertura mediatica - di riuscire a creare eventi dai numeri importanti a favore del tav. La manifestazione si tav tenutasi al Lingotto di Torino l’ anno scorso non è neppure stata capace di accogliere sotto lo stesso tetto tutti i politici torinesi favorevoli all’ opera. L’ ultima manifestazione a favore dei cantieri e dei “presunti” posti di lavoro tenutasi a Susa alcune settimane fa ha registrato circa 200 partecipanti di cui poche decine della val di Susa.


A difesa della maggioranza silenziosa si invoca anche la rappresentanza dovuta al mandato elettorale.


Gli ultimi esiti referendari , dimostrano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che spesso l’ elettore è costretto a scegliere il “meno peggio” e che dare il proprio voto non significa avvallare il programma elettorale in toto.


Il Governo, infatti era convinto che il programma nucleare fosse già stato metabolizzato e accettato al momento del voto, ma evidentemente non è stato così.


Chi aveva appoggiato questo governo quindi aveva digerito obtorto collo molte cose, che poi alla prima occasione tramite i quesiti referendari hanno riportato i nodi al pettine.


La stessa cosa è successa con governi diversi , nazionali, regionali o provinciali. Il cittadino attivo è quindi costretto a partecipare in modo diretto per far sentire la propria voce a un parlamento che pare blindato e orientato al pensiero unico. In molti si chiedono quanto potrà ancora durare questo scollamento tra la base e i vertici. Ma è sufficientemente chiaro che una gran parte del popolo che si riconosce nel PD, PDL, UDC, Italia dei valori, Lega ecc. nutre dubbi sempre più ampi sulla reale utilità delle grandi opere, sui problemi ambientale e sanitari da essi create e sulla loro copertura di spesa. Eppure i vertici istituzionali sono ( tranne rarissime eccezioni) favorevoli praticamente all’ unanimità; ma come è possibile questo?


Dove sbagliano, Sig. Ministro , i valsusini , i piemontesi, gli italiani tutti a voler difendere la propria terra, i beni comuni e il denaro pubblico dall’ assalto delle mafie che notoriamente vivono di movimento terra?


Abbiamo ragione oppure no a difendere ad ogni costo il diritto alla salute dopo che nel progetto della tratta internazionale troviamo scritte le parole testualmente riportate ?


Pagina 187 del documento” Sintesi non tecnica” capitolo 11.3.11 in riferimento al particolato (PM10) si legge: “Dall’ esame della modellizzazione dei dati di concentrazione in fase di cantiere si evince inoltre un incremento…….…..Tali incrementi giustificano ipotesi di impatto sulla salute pubblica di significativa rilevanza soprattutto per le fasce di popolazione ipersuscettibili a patologie cardiocircolatorie e respiratorie che indicano incrementi patologici dell’ ordine del 10% rispetto ad incrementi della concentrazione di quanto qui ipotizzato”.


Le facciamo notare, che non è un dato allarmistico dei comitati no tav, ma una nota scritta nel progetto da chi il TAV lo sta progettando e quindi lo vuole!!! E dobbiamo comunque ringraziare i tecnici progettisti che hanno riempito il progetto di note di attenzione su centinaia di problemi ambientali, sanitari, idraulici ecc. ecc.


Quanto è vergognoso che in ogni documento favorevole all’ opera viene citato l’ “accordo di PraCatinat” come alto esempio di concertazione con il territorio grazie alla mediazione dell’ Architetto Virano, quando tutti ( in Val Susa) sanno che il termine accordo è assolutamente falso? Infatti tale documento non è mai stato firmato da nessun Sindaco né deliberato in nessun Consiglio Comunale o Giunta!


La popolazione è sempre più partecipe perché si tiene costantemente informata di questi gravi fatti.


In quanti hanno la percezione reale del costo della Torino-Lione in rapporto ai nuovi posti di lavoro creati ?


Nel progetto della tratta nazionale tale numero è stimato in circa 1200 unità. Negli ultimi 20 anni in valle e cintura si sono persi migliaia di posti di lavoro: la politica quanti €. ha speso per salvarli? Ora si vogliono spendere 20 miliardi di €. per creare 1200 posti di lavoro; ovvero oltre 16 milioni di € per ogni nuovo posto di lavoro creato!! Qualsiasi imprenditore medio della ricca padania sarebbe in grado con la stessa cifra di crearne a centinaia di posti di lavoro!


20 miliardi di €. investiti nell’ edilizia residenziale pubblica di ultima generazione ad alto risparmio energetico corrispondono a circa 10 milioni di metri quadrati di appartamenti che sarebbero in grado di ospitare 400.000 persone.


Queste sono le cose a cui si rinuncia per pagare il tav che indebiterà le future generazioni per un’ opera inutile.


In alternativa quante migliaia di piccole – medie opere pubbliche si potrebbero aprire in tutta la valle, in tutto il Piemonte, in tutta l’ Italia per mettere in sicurezza le sponde dei fiumi, le frane che incombono sui centri abitati , gli edifici pubblici a rischio amianto e terremoto. Tutto ciò fin da subito, creando posti di lavoro diffusi su tutta la nazione e governabili dagli enti locali al fine di evitare i sub-sub-sub appalti terra fertile per le infiltrazioni mafiose.


Perché si vuole relegare il concetto di Resistenza all’ interno dei libri scolastici o peggio sotto le fondamenta di statici monumenti cittadini, quando è possibile farlo rivivere nel quotidiano e praticarlo ( senza più bisogno di armi , per fortuna) a difesa della propria terra, cultura, diritti fondamentali, risorse?


Il 19 dicembre 1943 , alcuni autorevoli esponenti della Resistenza antifascista piemontese firmavano in semi-clandestinità la “Carta di Chivasso” dove si anticipavano di oltre cinquant’anni alcuni concetti molto cari a Lei ed a una buona parte del suo elettorato.


Ora , sempre più spesso la si sente evocare a proprio uso e consumo a seconda delle necessità purché “non si disturbi il manovratore”. Sarà un caso che le frasi : “ Resistere, resistere, resistere “ e “padroni a casa nostra” pur nella loro profonda diversità hanno fatto la loro comparsa quasi contemporaneamente negli striscioni spontanei appesi alla Maddalena di Chiomonte? Ormai è un fatto conclamato che il movimento no tav si arricchisca nella diversità.


Terminiamo questa nostra lunga lettera chiedendole, Sig. Ministro, di non dare l’ ordine di sgomberare con la forza gli uomini e le donne della Valle di Susa, del Piemonte e dell’ Italia che quotidianamente e con orgoglio difendono i propri ideali e i beni comuni: la terra, la salute,l’ acqua,l’aria e – non ultimo- il denaro pubblico.


Distinti saluti


Valle di Susa, 25 giugno 2011


Sindaci e Amministratori delle liste civiche della Comunità Montana Val Susa e Val Sangone

sabato 25 giugno 2011

Diffondi la pace, ferma la guerra, smaschera le caste



Se vuoi, puoi fermare la guerra e costruire la pace.
Ognuno di noi in ogni parte del mondo deve restare umano
Denunciare azioni violente e divulgare il più in fretta possibile attraverso video e foto, nei social network mondiali, prima che la notizia giunga alla casta e venga rimanipolata.
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You may want to stop the war and build peace.
Each of us in every part of the world must remain human
To denounce the violent actions and disseminate as quickly as possible through video and photos, social networks in the world, before the news comes to the caste and is being manipulated.

giovedì 16 giugno 2011

Cessate il fuoco. Stop alla Guerra

Nel 2011 supereremo la soglia dei 2,2 miliardi di euro per contribuire con le nostre missioni di guerra alla distruzione del pianeta, all'incremento della violenza, all'odio tra i popoli, alla distruzione di vite umane.
Sembra che per questo i soldi ci siano, tutti i giorni gettiamo soldi dalla finestra, i nostri soldi, per combattere in nome di una falsa democrazia che invece è una prevaricazione verso altri popoli non allineati alle politiche del business e degli affari internazionali.
Se ci togliamo dalla guerra e investiamo i soldi spesi ogni giorno per far riprendere la nostra economia, per investire su fonti rinnovabili, supereremo in fretta le nazioni europeee che per passare alle rinnovabili devono spendere soldi per dismettere le loro energie sporche (nucleare).
In questo modo oltre ad avere la nostra nazione indipendente dal business dell'energia creeremo anche innumerevoli posti di lavoro puliti.

domenica 12 giugno 2011

Tu puoi essere un SuperEroe. Il futuro dipende da te


Il 12 e 13 Giugno 2011 si deve votare per i referendum.
L'affluenza alle ore 12.00 è già superiore alle 2 cifre (11.64%)
Dati storici passati dicono che se entro le 12. si superano le due cifre di affluenza il quorum è vicino.
E allora non mollare, corri a votare, il quorum dipende anche da te.
Contribuisci al BATTIQUORUM, 
diventa un SuperEroe.


sabato 11 giugno 2011

MEGLIO ATTIVI OGGI CHE RADIOATTIVI DOMANI

andiamo a votare il 12 Giugno 2011 prima delle 11 cosi alle prime proiezioni delle 12 gli indecisi vedranno che il quorum è possibile e andranno a votare
 
MEGLIO ATTIVI OGGI CHE RADIOATTIVI DOMANI
PASSAPAROLA

Le Scorie Radioattive e la Guerra nel mondo

Dopo lo scandalo sullo smaltimento di scorie nucleari nelle zone rurali del Paese, scoperto da France 3 con un recente documentario, in Francia scoppia l’ennesimo scandalo nucleare, che investe direttamente lo Stato e le istituzioni pubbliche preposte alla gestione della produzione energetica nucleare. Stavolta è stata la rete televisiva Artè a scoprire, con un documentario-inchiesta intitolato “Déchets: le cauchemar du nucléaire”, dove vanno delle grosse quantità di scarti nucleari transalpini. L’inchiesta, ripresa dal quotidiano Libération, ha scoperto che la Francia ha stoccato in modo totalmente abusivo degli elevati quantitativi di scorie nucleari in Siberia.
L’inchiesta di Artè ha svelato che il 13% delle scorie radioattive francesi sarebbero attualmente stoccate nel complesso atomico russo di Tomsk-7, in Siberia e che ogni anno 108 tonnellate di uranio impoverito provenienti dalle centrali atomiche francesi verrebbero spedite in Russia e scaricate a cielo aperto. “Come e perché le scorie francesi sono arrivate in Siberia?”, si chiedono gli autori del documentario, prima di seguire le scorie. I container vengono imbarcati a Le Havre, su navi che attraversano la Manica ed il Baltico, fino a San Pietroburgo, poi sono caricati a bordo di un treno che li porta fino al complesso atomico di Tomsk-7, in Siberia. In questo impianto l’uranio viene sottoposto ad un processo di arricchimento, appena il 10% dell’uranio trattato viene così recuperato, e rispedito in Francia dove viene reintrodotto nel processo di produzione di energia.
Il resto, il 90% del materiale che arriva in Siberia, non è riutilizzabile, diventa di proprietà dell’impresa nucleare russa Tenex e rimane stoccato a cielo aperto. Gli ecologisti russi e francesi di Greenpeace accusano il governo francese di abbandonare le proprie scorie radioattive in Russia, e di non essere capaci di gestire il plutonio, una materia molto pericolosa. Naturalmente questo risultato, portato alla luce e all’attenzione dell’opinione pubblica, pone delle serie questioni. Prima di tutto, come si legge suLibération: “La scarsa sicurezza del trasporto delle scorie per ottomila chilometri, la pericolosità dell’accumulo di questi materiali e la dubbia efficacia del trattamento a cui vengono sottoposti”.


Fortissimo l’imbarazzo di Edf, un cui portavoce ha affermato che “I rifiuti radioattivi prodotti dal trattamento dei combustibili restano in Francia dove sono custoditi in depositi in tutta sicurezza”. Nonostante questo tentativo “a caldo” di rassicurare, restano vive le immagini dell’inchiesta condotta da Eric Guéret e Laure Noualhat, che mostrano in maniera inequivocabile e dettagliata contenitori con combustibile nucleare usato stoccati accanto ad una ferrovia in Siberia senza nessuna precauzione. Direttamente sul terreno.
In Francia, alle rassicurazioni da parte dei vertici di Edf, soprattutto dopo le fughe radioattive di Tricastin, oramai non crede quasi più nessuno, ad iniziare dall’associazione ambientalista “Sortir du nucléaire”, che dichiara: “Mentre il ministro dell’ecologia si accontenta di chiedere un’inchiesta,  con l’obiettivo evidente di guadagnare tempo perché l’affaire sparisca dall’attualità, la nostra associazione chiede il ritorno in Francia delle scorie radioattive francesi abbandonate da Edf in Russia”. In effetti, il segretario di Stato all’ecologia francese, Chantale Jouanno, ha dichiarato di essere favorevole all’apertura di un’inchiesta interna dell’azienda energetica Electricité de France (Edf) sullo stoccaggio di scorie nucleari francesi in Siberia, pur senza “trarre conclusioni affrettate”, quasi a mettere in dubbio la validità del lavoro di Artè, poi ha aggiunto: “A partire dal momento in ci sarà un dubbio, è normale che l’opinione pubblica sarà informata”.
Si tratta certamente di una forte manifestazione di imbarazzo nell’affrontare questo nuovo pasticcio, che arriva dopo anni di incidenti, fughe radioattive, ritrovamenti di scorie sepolte in zone rurali della Francia stessa. Tutti eventi che minano e screditano quel nucleare che i francesi stessi hanno sempre definito “sicuro”. Così com’é completamente ingiustificabile che l’industria nucleare francese si sbarazzi all’estero dei suoi rifiuti radioattivi. L’argomentazione ingannevole di Edf che pretende che non si tratti di scorie ma di “materiale valorizzabile”, e quindi recuperabile e riciclabile, non può essere posta: si recupera il 10% del materiale, il resto rimane in Russia, e si tratta di rifiuti nucleari.
“Bisogna che la Francia nucleare si assuma le conseguenze delle sue attività e ne renda finalmente conto davanti all’opinione pubblica”, continua il comunicato di “ortir du nucléaire”, “I cittadini francesi devono in questa occasione prendere coscienza dell’accumulazione drammatica di diverse categorie di rifiuti e  residui radioattivi prodotti dall’industria nucleare e dell’assenza di soluzioni per queste scorie. Il rimpatrio in Francia delle scorie radioattive spedite in Russia obbligherà le autorità francesi a tentare di trovare un sito di stoccaggio, pur sapendo che è più difficile trovare un sito del genere in Francia che in fondo alla Siberia. Questo permetterà di ricordare che, malgrado le manovre indegne, lo Stato francese non riesce, da molti mesi, ad imporre la realizzazione di un sito di interramento delle scorie radioattive: i tentativi fatti nell’Aube all’inizio del 2009 sono stati respinti dalle popolazioni locali e dalle associazioni antinucleari”.
Gli ambientalisti francesi fanno la lista di altre scorie che la Francia ha nascosto in altri Paesi come gli “sterili”, vere montagne di residui dell’estrazione di uranio abbandonati a cielo aperto in Niger da Areva. La scoperta della discarica nucleare francese in Russia mette fortemente in dubbio quel che Edf ed Areva propagandano con una massiccia campagna sui media: “Il 96% delle scorie nucleari francesi sono riciclate”, secondo alcuni quotidiani francesi, si tratta invece di una campagna di disinformazione che Edf dovrebbe addirittura rettificare.
A dimostrazione di questo, l’inchiesta di Artè arriva appena una settimana dopo l’incidente avvenuto nell’impianto in dismissione di Cadarache vicino Marsiglia, che produceva fino al 2003 carburante MOX, incidente valutato livello 2 dal Commissario per l’energia atomica: durante la dismissione sono stati registrati livelli di radioattività decisamente oltre la soglia consentita. Analizzando l’accaduto, è stato scoperto che nei depositi c’è molto più plutonio di quanto ne fosse stato dichiarato: 39 chili al posto di 8 chili.
Un errore pericolosissimo, poichè come ricorda l’ASN (Autorité de sûreté nucléaire): “Quando vi è una massa critica di materiale nucleare e vi sono determinate condizioni ambientali, si può innescare una reazione nucleare a catena. Di certo vi è che i margini di sicurezza a questo punto si sono abbassati”, ma anche un errore grossolano e madornale, nella valutazione della quantità del materiale depositato. Un errore che un qualunque tecnico nucleare non dovrebbe mai commettere. Un errore di superficialità. Cosa che nel settore del nucleare nessuno può permettersi. L’impianto in questione, forniva carburante specialmente al mercato tedesco, era in attività dal 1961 e l’attività fu sospesa nel 2003 perché la zona si rivelò ad alto rischio sismico. Nel corso della pulizia e della dismissione di 450 contenitori di plutonio, il Commissario per energia atomica a potuto constatare che la quantità del materiale radioattivo era nettamente superiore a quello dichiarato.
Quanto accade in Francia, dove oramai l’intero sistema nucleare sta svelando i suoi scheletri nell’armadio, è l’ennesima dimostrazione del fatto che non esiste una soluzione sensata al problema delle scorie. Problema che nella nostra Italia viene addirittura affrontato con estrema superficialità, nel programma berlusconiano di rilancio del nucleare. Infatti da noi si preferisce annunciare, con la pomposità di uno spot elettorale, nuove centrali, ma mai si racconta come si prevede di smaltire i rifiuti radioattivi.
Eppure, in preda ad una follia collettiva da parte delle forze di governo italiane, mentre il resto del mondo ragiona sul come abbandonare la produzione per via atomica di energia elettrica, da noi da qualche anno si è tornati a parlare dell’energia nucleare addirittura come di “un’energia verde”. Si racconta che la filiera nucleare è chiusa, che i materiali radioattivi sono riutilizzabili, che si ridurrebbe la dipendenza dal petrolio e si attenuerebbero le emissioni di anidride carbonica. Peccato che la realtà sia quasi all’opposto.
Alessandro Iacuelli
tratto da www.altrenotizie.org

mercoledì 8 giugno 2011

domenica 5 giugno 2011

Crea l'effetto domino




REFERENDUM DEL 12-13 GIUGNO
VOTA SI PER DIRE NO
- SI CONTRO IL NUCLEARE
- SI CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA
- SI CONTRO IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO

sabato 4 giugno 2011

Passaparola 12 giugno Referendum

Passaparola! passaparola
Dobbiamo portare al voto almeno 25 milioni di Italiani. Visto l'oscuramento dei referendum nelle reti televisive il mezzo più forte che possiamo mettere in campo è il passaparola. Il messaggio che deve arrivare a tutti gli italiani è “Il 12 e il 13 giugno vai a votare Sì ai referendum contro la privatizzazione dell'acqua. Fai girare”. Scrivetelo sui vostri profili Facebook, condividetelo nelle bacheche altrui, scrivete mail, sms, fate telefonate. Dobbiamo raggiungere tutte e tutti, anche chi non usa internet! Tutti insieme ce la possiamo fare. Passaparola!

venerdì 3 giugno 2011

Si scrive ACQUA si legge DEMOCRAZIA

Oggi nel mondo 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all'acqua potabile e 2,5 miliardi sono prive di servizi igienicosanitari. Secondo l'Undp, il programma Onu per lo sviluppo, nei prossimi venti anni, a causa del cambiamento climatico, agli ordinari fenomeni di migrazione si aggiungeranno 500 milioni di profughi idrici, ovvero persone che dovranno abbandonare il luogo in cui vivono perché non avranno più accesso all'acqua. Nel frattempo, nel mondo sono in corso più di 50 conflitti internazionali legati alla proprietà, alla spartizione e all'uso dell'acqua.

Basterebbero questi dati per restituire significato all'importante battaglia per l'acqua in corso sul pianeta: una vera e propria battaglia di civiltà e per il diritto al futuro di questa e delle prossime generazioni.

L'acqua, bene essenziale alla vita, è oggi un bene sempre più scarso. L'aumento della popolazione mondiale, i fenomeni di urbanizzazione forzata, l'esplosione dei consumi di acqua pro capite nelle ricche nazioni industrializzate, le massicce deforestazioni in corso, i rischi climatici (in particolare per le zone umide costiere), la progressiva cementificazione dei territori, gli inquinamenti prodotti dalle attività industriali, dall'agricoltura intensiva e dai grandi agglomerati urbani, hanno reso l'approvvigionamento dell'acqua un problema drammatico per molte fasce della popolazione.

Ma è proprio il binomio essenzialità/ scarsità ad aver calamitato sull'acqua gli interessi di un modello economico e finanziario che, essendo basato sul profitto, ha visto in questo elemento la possibilità di un business garantito. Perché, se per far comprare una nuova automobile ogni due anni o un nuovo telefono cellulare ogni sei mesi sono necessarie ingenti spese di pubblicità che inducano all'acquisto, non c'è bisogno di nessuna campagna di comunicazione per convincere le persone a consumare acqua: sono semplicemente necessitate a farlo, tutti i giorni e per sempre. Quello dell'acqua può diventare, di conseguenza, un mercato che gli economisti chiamano "a domanda rigida", ovvero con garanzia permanente di profitto.

Sono queste le motivazioni che hanno avviato, negli ultimi tre decenni, una forte pressione delle grandi multinazionali e dei capitali finanziari verso politiche che, contemporaneamente, hanno visto moltiplicarsi le mobilitazioni e le rivolte popolari in difesa del diritto all'acqua, per l'affermazione dell'acqua bene comune e per la sua gestione pubblica e partecipativa.

Mercificazione
In Italia, i processi di privatizzazione sono iniziati con l'approvazione della legge n. 36/94, che, pur avendo positivamente deciso l'accorpamento delle gestioni in Ambiti territoriali ottimali, superando la frammentazione delle stesse, ha introdotto una gestione dei servizi idrici improntata a una concezione aziendalista e orientata al raggiungimento del profitto, prevedendo, tra l'altro, che l'intero costo del servizio fosse coperto dalla sola tariffa e introducendo, fra le voci di questa, anche l'adeguata remunerazione del capitale investito, ovvero la garanzia del profitto per i soggetti gestori.

Si è determinata da allora la trasformazione delle precedenti aziende municipalizzate - che per oltre 60 anni avevano gestito il servizio idrico - in società per azioni (Spa), ovvero enti di diritto privato il cui unico scopo è la produzione di dividendi per gli azionisti.

Da allora la privatizzazione del servizio idrico ha iniziato la sua marcia, con gestioni totalmente privatizzate, o a capitale misto pubblico-privato collocate in Borsa, o con gestioni a totale capitale pubblico. Tutte accomunate dall'idea dell'acqua come bene economico e orientate alla mercificazione del bene comune; tutte accomunate da un consenso trasversale di gran parte delle forze politiche e legate a una sostanziale riduzione degli spazi di democrazia.

Perché, con la privatizzazione del servizio idrico, non solo le popolazioni perdono tutte le possibilità di controllo del ciclo dell'acqua, ma persino gli stessi organismi elettivi come i consigli comunali vengono espropriati di tutte le decisioni, da quel momento affidate ai consigli di amministrazione delle Spa.

Comparando i dati prodotti dalla Commissione di vigilanza sulle reti idriche (organismo ministeriale) e dalla Fondazione Civicum di Mediobanca, si scopre come in 15 anni di privatizzazione del servizio idrico le tariffe siano aumentate del 60% (quattro volte l'inflazione), l'occupazione sia diminuita del 15%, gli investimenti siano crollati di due terzi, e i consumi lievitati oltre il 20%.

Nonostante questo quadro, nell'attuale legislatura il governo ha tentato con l'approvazione dell'art. 15 d. l. 135/09 (cosiddetto "Decreto Ronchi"), che ha modificato l'art. 23bis della L. 133/08, la definitiva accelerazione della consegna al mercato di tutte le gestioni dei servizi idrici.

Nel frattempo, da ormai diversi anni, in decine di territori del paese sono nate fortissime resistenze popolari alle privatizzazioni in atto: si tratta di mobilitazioni di comitati e di cittadini che hanno sperimentato gli effetti delle privatizzazioni in corso, con esponenziali aumenti delle tariffe e drastica riduzione della qualità del servizio.

Nel 2006, tutte queste esperienze territoriali, assieme a molte organizzazioni associative e sindacali, hanno costituito il Forum italiano dei movimenti per l'acqua, una rete che ha permesso il confronto e lo scambio delle esperienze, l'intreccio dei saperi e l'avvio di una forte vertenza nazionale per l'affermazione dell'acqua bene comune, per la sua sottrazione al mercato e la sua restituzione alla gestione delle comunità locali consorziate.

Nell'anno successivo una legge d'iniziativa popolare, con oltre 400.000 firme di cittadini, è stata consegnata al parlamento, la cui indifferenza ha mostrato, una volta di più, la separazione tra la società e le istituzioni rappresentative e il degrado progressivo della democrazia.

Reazione dal basso
È maturata allora l'idea che la cittadinanza dal basso doveva riappropriarsi del bene comune acqua e della democrazia, cercando di cambiare, con la mobilitazione sociale diffusa e reticolare, l'agenda politica del paese: quando il parlamento ha approvato il Decreto Ronchi, l'indignazione sociale ha prodotto la proposta di arrivare al referendum, con una campagna di raccolta firme straordinaria, auto-organizzata dal basso, inclusiva e orizzontale, capace di raggiungere il record di 1,4 milioni di firme in due mesi, senza contare su nessuna sponsorizzazione politica, con pochissimi soldi e nel più totale silenzio dei grandi mass media.

Quella campagna è stata la più grande dimostrazione dell'esistenza di un anticorpo sociale diffuso, fatto di donne e uomini molto diversi tra loro per storia personale, appartenenza religiosa, culturale e politica, ma accomunati dal rifiuto dell'idea malsana di consegnare al mercato l'intera vita delle persone e dalla speranza di una nuova idea di democrazia e di società basata sulla riappropriazione sociale dei beni comuni.

Ed è proprio questo uno dei motivi che rende la scadenza referendaria del 12 e 13 giugno prossimi un appuntamento fondamentale. In quelle date, per la prima volta dopo decenni, le politiche liberiste possono essere sanzionate da un voto democratico dell'intero popolo italiano. Sarebbe una vittoria epocale, capace, oltre che di aprire la strada alla ripubblicizzazione dell'acqua, di rimettere in discussione un modello sociale e di sviluppo divenuto per i più insostenibile.

Sono due i referendum su cui ci si dovrà pronunciare. Con il primo "sì", si abrogherà il Decreto Ronchi e si farà uscire il servizio idrico dalle logiche del mercato. Con il secondo "sì", si faranno uscire i profitti dalla gestione dell'acqua. Aprendo così la strada a un nuovo modello di pubblico, che può essere tale solo se fondato sulla partecipazione sociale dei cittadini alla gestione dell'intero ciclo dell'acqua.

La vittoria dei "sì" ai referendum porrebbe il nostro paese sulla scia delle esperienze latino-americane (Bolivia, Ecuador, Uruguay), ma anche europee (Olanda, Parigi, Berlino), che hanno scelto la strada della riappropriazione dell'acqua come paradigma di un nuovo modello sociale partecipativo.

Una grande occasione per ridistribuire speranza alle persone, riaffermando l'indisponibilità dei diritti universali e la difesa dei beni comuni.

Perché si scrive acqua e si legge democrazia. Perché solo la partecipazione è libertà.

giovedì 2 giugno 2011

Il ciclista il vento e il mulino



Nessuno più di un ciclista conosce la forza e l'energia del vento. 
Il ciclista l'avverte tutta questa energia quando si oppone al suo cammino, sui pedali che si inceppano il busto che si inarca, la pelle che si screpola. 
Solo il ciclista può gustare il soffio a favore che lo sospinge, lo alleggerisce come una foglia, lo rianima e incoraggia sulla lunga strada del ritorno. 
Il vento, forza naturale che rende possibile la vita, le stagioni il volo degli uccelli. 


Con il vento si produce energia pulita. E non ditemi che i mulini a vento sono brutti da vedere, i mulini a vento sono poetici, sono il futuro; casomai sono i tralicci che hanno invaso l'Italia, cosi statitici, cosi metallici, ci sono ovunque da un traliccio all'altro corrono i fili dell'elettricità che rovinano tutto il paesaggio. Avete mai fatto una foto ad un traliccio ? Invece guardate quante foto ci sono in giro che riprendono mulini a vento in movimento, che ruotano con le loro pale eoliche appena soffia un alito di vento.


L'energia eolica è il prodotto della conversione dell'energia cinetica del vento in altre forme di energia (elettrica o meccanica). Oggi viene per lo più convertita in energia elettrica tramite una centrale eolica, mentre in passato l'energia del vento veniva utilizzata immediatamente sul posto come energia motrice per applicazioni industriali e pre-industriali (come, ad esempio, nei mulini a vento). Di fatto è stata la prima forma di energia rinnovabile scoperta dall'uomo dopo il fuoco (si pensi alla vele delle navi) ed una tra quelle a sostegno della cosiddetta economia verde nella società moderna.
Alla fine del 2009, la capacità di generazione mondiale degli aerogeneratori era di 157,9 gigawatt, pari a circa il 2% dell'elettricità consumata nel mondo e sta crescendo rapidamente, notandosi un raddoppio nei tre anni tra il 2005 e il 2008. Alcuni paesi hanno raggiunto un coefficiente di penetrazione della potenza eolica molto elevato (a volte con incentivi governativi); ad esempio, nel 2008, il 19% della produzione elettricità di base raggiunto dalla Danimarca, il 13% della produzione in Spagna e in Portogallo, il 7% in Germania e nella Repubblica d'Irlanda. Nel maggio del 2009, otto paesi del mondo avevano parchi eolici che vendevano energia elettrica aerogenerata a scopi commerciali raggiungendo profitti.
I parchi eolici sono connessi alle reti elettriche; le installazioni più piccole sono usate per fornire elettricità a luoghi isolati. Le compagnie elettriche stanno utilizzando sempre più spesso il sistema del conto energia che consiste nel comprare l'energia in eccesso prodotta dai piccoli aerogeneratori domestici. Per alcuni aspetti l'energia eolica è una fonte attraente, come alternativa al combustibile fossile, dal momento che è abbondante, rinnovabile, ampiamente distribuita, pulita e praticamente non produce gas a effetto serra (se non durante la produzione di componenti base, come le pale in alluminio). Comunque, la costruzione di "fattorie eoliche" non riceve unanime consenso a causa del loro impatto paesaggistico e altre problematiche, come la rumorosità e la pericolosità degli impianti per i volatili.

Ripeto l'uomo è proprio strano, non dice nulla per i tralicci che sono obbrobriosi da vedere e fa resistenza contro i mulini a vento. anche i tralicci sono pericolosi per i volatili, sono che con l'energia sporca ci guadagnano gli affaristi malavitosi, con l'energia pulita, dopo il costo iniziale, tutti possiamo usufruirne.

Ora le nuove tecnologie, la ricerca scientifica hanno trasformato il vecchio mulino in un sistema avanzato di produzione di energia.... continua qui


mercoledì 1 giugno 2011

Fermiamo il Nucleare

      Cambia gestore passa a gestori di energia pulita




ecco i 4 quesiti referendari del 12 giugno

Adesso è ufficiale: il 12 e 13 giugno saranno 4 i referendum su cui si potrà votare. Anche quello sul nucleare. L'ufficio elettorale della Corte di Cassazione ha stabilito, infatti, che le modifiche apportate dal governo alle norme sul nucleare non precludono la celebrazione della consultazione popolare.
La Cassazione ha quindi confermato che i cittadini potranno esprimersi sul quesito depositato a suo tempo dall'Idv, che va ad aggiungersi agli altri tre su acqua e legittimo impedimento.
Eccovi, quindi, i 4 quesiti referendari.




Il quesito sulla scheda rossa

Il quesito della scheda rossa (referendum n. 1) è inerente alle modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica.
In particolare, si chiede l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della legge n. 133/2008, secondo cui la gestione del servizio idrico può essere affidata a soggetti privati attraverso gara o a società a capitale misto pubblico-privato; in entrambi i casi il privato detiene almeno il 40% del capitale.
La preferenza dei SI terrebbe lontani i privati dalla gestione pubblica del servizio idrico.


Il quesito della scheda gialla

Abrogazione parziale invece per il referendum n. 2 sull’acqua pubblica contenuto nella scheda gialla, con cui si chiede l'abrogazione dell’articolo 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006, per quel che riguarda la parte che sostiene la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato “in base all’adeguata remunerazione del capitale investito”.
In base alla normativa vigente, un gestore può caricare sulla bolletta fino al 7% in più senza che questo venga investito per migliorie sull’infrastruttura.


Le centrali nucleari sulla scheda grigia

Referendum n. 3, scheda grigia, costruzione di nuove centrali per la produzione di energia nucleare, promosso dall’Italia dei Valori.
Dopo la marcia indietro del Governo, a seguito del disastro a Fukushima, è la consultazione più a rischio.
Salvo contrordini dell’ultima ora, il quesito chiede l’abrogazione dell’art. 7, comma 1, lettera d (realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare) contenuto nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sulle disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. Votando SI si impedisce di fatto la realizzazione di nuovi impianti sull’intero territorio nazionale.


Sulla scheda verde il "legittimo impedimento"

Scheda verde chiaro per la quarta e ultima consultazione popolare, anch’essa sostenuta dall’Italia dei Valori, tocca il tema della giustizia. Meglio conosciuto come “legittimo impedimento”, si esprimono sull’abrogazione di una delle leggi ad personam, in particolare l'articolo 1 (commi 1, 2, 3, 5, 6) della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante "disposizioni in materia di impedimento del Presidente del Consiglio e dei Ministri a comparire in udienza penale".

 
 

Quorum più facile

E ci sono più speranze ora di raggiungere il quorum, dopo molti anni che questo tipo di consultazione elettorale è vanificata per la mancanza di partecipazione da parte del 50% più uno di elettori che servono a farne valere l'esito.
Infatti, il vento è cambiato dopo le amministrative e, a giudicare dall’entusiasmo che si respira in giro, c’è da credere che continuerà a tirare aria di svolta ancora per i prossimi 15 giorni.
Comunque, fino al 12 e 13 giugno saranno giorni da battiquorum.
Acqua, legittimo impedimento, nucleare

Il ReggaeReferendum





12 giugno vai a votare di si contro il nucleare e di si per l'acqua, l'acqua non si può comperare, non la si può privatizzare. Di si è un tuo dovere legittimo, vosa si contro il legittimo impedimento.
E adesso per tutti giochiamo questi numeri al lotto, 12-13-20-11-4
12 -13 giugno 2011 4 SI