domenica 20 giugno 2004

Sarà una risata che vi seppellirà

Notizia catturata da Repubblica edizione on line
http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/spettacoli_e_cultura/docusa/docusa/docusa.html


Sulla scia del documentario "Fahrenheit 9/11" una nuova
scuola fa tesoro delle tecniche di Hollywood: il film-inchiesta
Nouvelle Vague a stelle e strisce
Tutti in fila per vedere i vizi Usa
Un'ora di coda per "The Corporation", processo alle multinazionali
dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI


 
Una scena di "A Day
Without A Mexican"
 
SAN FRANCISCO - Faccio un'ora di fila davanti al botteghino del più grande cinema della città per poter vedere un documentario. Alla fine, stipato nel gigantesco Castro Theater, mi ritrovo in mezzo a un pubblico da stadio che applaude, fischia, urla. Non è Fahrenheit 9/11, il film-inchiesta di Michael Moore che mette a nudo i legami d'affari tra Bush e i petrolieri sauditi, famiglia Bin Laden inclusa: quello uscirà solo fra qualche giorno (e già è sicuro di polverizzare record di incassi).


No, la mia ora di fila sul marciapiedi l'ho fatta come decine di migliaia di americani che da mesi accorrono a vedere The Corporation, eccezionale processo alle multinazionali Usa. Da Ibm a General Electric, da Monsanto a Pfizer: la requisitoria è così efficace da convincere gli spettatori che i capitalisti di questo paese - se alle aziende si applicassero le regole della morale individuale - sarebbero considerati dei criminali psicopatici.


The Corporation non è l'unico documentario d'assalto che riempie le sale americane. Gli contende il primato Super Size Me, esilarante descrizione delle colpe dei fast-food nell'epidemia di obesità americana: il regista per un mese si è nutrito solo da MacDonald, sotto sorveglianza medica. E' appena balzato nella hit-parade A Day Without A Mexican, a cavallo tra documentario e fiction, immagina la California senza più messicani, con i bianchi ricchi improvvisamente a corto di spazzini, camerieri e muratori. Da mesi trionfa nei cinema The Fog of War di Errol Morris, capolavoro costruito attorno a una lunga intervista-confessione di Robert McNamara, ex ministro della Difesa durante la guerra del Vietnam che ammette candidamente: se non fossimo i più potenti della Terra, saremmo davanti a un tribunale di Norimberga.


Non è solo nell'oasi radicale di San Francisco che questi film fanno centro, ma anche sulla East Coast e in città insospettabili del Midwest o del Sud. A fianco ai nostalgici degli anni 60 le sale si riempiono di teen-agers.


Sulla scia di Michael Moore è nata una scuola e un trend di costume: la sinistra in America si esprime attraverso una Nouvelle Vague di cinema-verità, sforna documentari di denuncia che fanno tesoro delle tecniche spettacolari di Hollywood.


Le tesi sono spesso radicali. The Corporation, tratto dall'omonimo libro-inchiesta di Joel Bakan, punta a dimostrare che la grande azienda ha sostituito istituzioni dominanti del passato come la Chiesa, la monarchia o la dittatura comunista, ma rischia di fare la stessa fine. Attraverso filmati di episodi veri, reportage, archivi storici, interviste ai top manager delle più grandi multinazionali, i registi Jennifer Abbott e Mark Achbar ottengono effetti sorprendenti: trattano le grandi imprese come dei pazienti, le sottopongono ai test di salute mentale della Organizzazione mondiale della Sanità, e dimostrano inequivocabilmente le loro tendenze patologiche e antisociali.


The Corporation contiene degli scoop, per esempio prove inedite sul coinvolgimento dell'Ibm nella gestione dei campi di sterminio nazisti. Rivela l'autocensura dei Tg della Fox sullo scandalo del latte contaminato, soffocato dai ricatti e dalle minacce delle case farmaceutiche Usa. Espone alla gogna l'inaudito brevetto biogenetico su sementi sterili, appositamente studiate per perpetuare la dipendenza dei contadini indiani dalla Monsanto. Mette in scena perfino un autentico "pentito": Ray Anderson, il padrone della più grande azienda mondiale di tappeti e moquette (Interface), apre gli occhi davanti ai danni ecologici della sua industria e si converte alla militanza ambientalista.


Anche se nel documentario fanno capolino personaggi noti della galassia Neoprogressista - da Noam Chomsky allo stesso Michael Moore - The Corporation ha credibilità perché dà voce ai teorici più oltranzisti del neoliberismo come il premio Nobel dell'economia Milton Friedman, l'ispiratore della rivoluzione reaganiana.


Super Size Me si rifà a uno slogan di marketing inventato dalla MacDonald: i camerieri dei fast-food sono addestrati per attirare il cliente con le offerte speciali, paghi uno e mangi il doppio (Super Size, dose gigante). Il regista-sceneggiatore Morgan Spurlock si è trasformato davvero in una cavia umana. Dopo 30 giorni passati a nutrirsi di hamburger i medici gli intimano di smettere: non solo è ingrassato di dieci chili, ma si sta autodistruggendo con tassi di colesterolo mortali, il fegato a pezzi, il sangue avvelenato. E' uno spaccato di quel che accade a bambini e adolescenti americani - 37% di obesi - condannati a malattie cardiovascolari, diabete e tumori, per una dieta patologica imposta dalla grande industria alimentare perfino nelle mense scolastiche.


A Day Without A Mexican di Sergio Arau comincia come un film di fantascienza: una nuvola misteriosa fa sparire dalla California gli 11 milioni di ispanici (quasi un terzo della popolazione). I risultati sono comici - la moglie del senatore che per la prima volta in vita sua deve lavare i panni - o drammatici: interi ospedali e asili nido chiudono per mancanza di infermiere e maestre. Una folla in preda al panico dà l'assalto ai mercatini dell'ortofrutta per fare scorte dell'ultimo raccolto: senza braccianti messicani si ferma l'agricoltura. Il film si conclude con i bianchi raccolti in veglie di preghiera, e lunghi cortei con striscioni che invocano "Come back, amigos".


Con l'assalto dei NeoProg al nuovo cinema made in Usa nasce un genere che si merita un neologismo: "mockumentary"" (si potrebbe tradurre in "sfottimentario"). Gli americani scoprono una nuova generazione di autori di talento che sa fare politica usando il linguaggio della satira. La sinistra riscopre una ricetta dal successo antico: una risata vi seppellirà.



(20 giugno 2004)

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