L'invasione dei messaggi
ALESSANDRO ROBECCHI
Sapete tutti quello che distingue l'uomo dalla scimmia: l'uso del pollice. Nessuna scimmia sarebbe riuscita a mandare 57 milioni di messaggini col telefonino per ricordarci di andare a votare. E sicuramente nessuna scimmia li avrebbe fatti pagare a noi. Mi ha scritto una lettera, mi ha mandato un sms, ha il mio numero di telefono, conosce il mio indirizzo. E' molesto, sa? Confesso di guardare con un certo timor panico il citofono: e se viene a casa? Se si presenta? Vorrei fare una denuncia. Esagero? Già, e se si nasconde in macchina, io metto in moto e lui sta accucciato sul sedile posteriore e mi prende alle spalle? Sono sicuro che il garante della privacy si turberebbe: ehi, non si può aspettare la gente accucciati sul sedile posteriore! Sarebbe un severo monito. Questo mi riempie di fiducia. E se me lo trovo di fianco al cinema? Se spunta dal tubetto del dentifrico? Dalla tazza del cesso? Non c'è niente da ridere: in un paese in cui gli altoparlanti degli aeroporti strillano gli annunci della presidenza del consiglio nessuno è al sicuro, date retta. Dà un certo brividino alla schiena. Ora aspetto, com'è nelle strategie del Grande Comunicatore, messaggi un po' meno generalisti, più mirati. Altoparlanti agli incroci, pick-up che girano amplificati per le strade... attenzione... messaggio della presidenza del consiglio! Signora Maria, ritiri i panni, che sta per piovere! Robecchi, porta giù il cane! Luigino, lava i denti! L'intrusione nelle nostre vite, che già è massiccia, potrebbe diventare totale, un po' fastidioso ma alla fine normale, come un rumore di fondo.
Ecco, un rumore di fondo, un brusio indistinto, un ron-ron continuo, come il rumore del frigo, che te ne accorgi solo quando smette di botto. Questo è, oggi, Silvio Berlusconi e la sua ghenga di ripetitori. Da mesi sentiamo questa cazzata del meno tasse, taglio le tasse, riduco le tasse, così, come un mantra che si ripete identico, ipnotico, all'infinito. Ogni tanto uno dei camerieri viene mandato alla gogna a spiegare dove trovare 12-13 miliardi di euro per tagliare le tasse. Quello va, gorgheggia, sputazza, peteggia, prende tempo, viene immancabilmente sbertucciato e torna nelle retrovie dopo un'inevitabile figura di merda.
Ma questo non cambia niente: il mantra meno-tasse continua, come uno strumento da bordone, accompagna le nostre vite.
Vedete Berlusconi da Washington, da Arcore, dalla Sardegna, con cravatta, senza cravatta, più alto, più basso, accorato, spiritoso, preoccupato, ammonitore. E' il pupazzo generale, l'uomo ovunque, il tappetino mediatico di base delle nostre vite. Sta diventando una cosa naturale, una curiosità etnica, alcuni popoli mangiano piccante, altri pescano facendo un buco nel ghiaccio, gli italiani vivono con un rombo continuo in sottofondo nelle orecchie: è Silvio, il grande comunicatore.
Quanto ci metteranno a rompersi definitivamente le balle, a reagire con una crisi di rigetto e se quella di oggi sarà magari la volta buona non si sa. Ma è certo che ormai è netta la distinzione: da una parte c'è la vita reale, gli affetti, il lavoro, la famiglia, le preoccupazioni e le gioie; e dall'altra c'è Silvio Berlusconi con le orecchie da vulcaniano e il sorriso da squalo.
Sono cose che non c'entrano nulla tra loro, che non si intrecciano e non si toccano più. Se mai (dico per assurdo) Berlusconi dovesse un giorno comunicarci una cosa sensata (per telefono, lettera, citofono, telegiornale pubblico, telegiornale privato, piccione viaggiatore, digitale terrestre, sms o altro) è quasi certo che nemmeno lo staremmo a sentire.
Succede così a Rimini, a Riccione, sugli spiaggioni nazional-popolari: al centesimo rimbombante annuncio che il piccolo Mirko ha perso la mamma, tutti cominciano leggiadramente a fottersene. Se ne fanno un baffo, sogghignano, al massimo sbuffano. Uff! Atro rumore di fondo. Uff! Altre cazzate. Questo, ormai, è Silvio per gli italiani. Il rumore del frigo.
fonte: il manifesto on line del 13 giugno 2004
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