sabato 1 febbraio 2003

Paura a sinistra

di RICCARDO BARENGHI
Di fronte a un proclama, un pronunciamento come quello del presidente del consiglio, l'opposizione poteva imboccare due strade. Reagire o spaventarsi. Si è spaventata. Di fronte all'ipotesi di una condanna del presidente del consiglio e di conseguenti (chissà perché, basterebbe cambiare premier mantenendo la stessa maggioranza) elezioni anticipate, i dirigenti dell'Ulivo sono stati presi dal panico. Forse, chissà, speravano che la Cassazione spostasse i processi, così da poter essere loro ad attaccare e non a difendersi.

Ma perché devono difendersi, da che cosa devono difendersi? Silvio Berlusconi non è un perseguitato dai giudici, è un ricco e potente imprenditore passato alla politica accusato di aver commesso decine di reati, per alcuni è stato condannato, per altri prescritto per decorrenza termini (grazie ai suoi cento avvocati), per qualcuno assolto, per altri ancora è sottoposto al giudizio di un tribunale, appunto quello di Milano. Se Berlusconi ha corrotto la Guardia di finanza, ha finanziato illecitamente i partiti, ha falsificato i bilanci, ha corrotto o fatto corrompere magistrati, non è stato perseguitato né dai giudici né dalla sinistra, né da dio. Si è perseguitato da solo. Basterebbe dire questo.

Oppure gli si potrebbe dire che il punto non sono né i giudici né le elezioni né l'investitura popolare. Fumo negli occhi, specchietti per le allodole (e le allodole ci sono cascate). Ma come, uno che da due anni fa la politica più antisociale che l'Italia abbia mai conosciuto, attaccando nel profondo i diritti di chi lavora e anche di chi il lavoro non ce l'ha , che si permette di usare il parlamento come fosse il suo servitore, che si inginocchia di fronte al presidente americano e alla sua guerra, che in Europa si unisce ai peggiori, che vuole reintrodurre l'immunità parlamentare, che vorrebbe essere intoccabile vita natural durante, uno che premia chi non paga le tasse e punisce chi le paga, che possiede tre televisioni e dirige le altre tre, che sommergerà il paese sotto un diluvio di cemento, che pur di mantenere il potere venderebbe anche l'anima (l'ha già venduta?). A uno così che si presenta su tutte e sei le sue televisioni con un comizio sudamericano, minaccioso, allusivo, inquietante come risponde l'opposizione? Che, per carità presidente, non c'è alcun bisogno che si dimetta anche se condannato.

Fantastico, eppure bastava poco per reagire all'altezza della situazione. Bastava accettare la sfida e combattere, anche fino alle elezioni, con le armi della politica. Certo, a condizione di averla, una politica.

fonte: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/31-Gennaio-2003/art11.html


Nessun commento:

Posta un commento