Stando alle dichiarazioni ufficiali siamo di fronte ad una fuoriuscita di plutonio con un’allerta che ormai coinvolge la città di Tokio che dista 240 km dall’impianto nucleare |
Situazione a Fukushima è gravissima, stando alle dichiarazioni ufficiali siamo di fronte ad una fuoriuscita di plutonio con un’allerta che ormai coinvolge la città di Tokio che dista 240 km dall’impianto nucleare.
La notizia del plutonio è stata confermata anche dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Nucleare.
I tentativi d’intervento hanno solo parzialmente dato i risultati attesi e la situazione appare sempre più critica su ben tre reattori nucleari. Sebbene ormai tutti i maggiori tecnici del mondo siano coinvolti nel capire come gestire l’incidente, di fatto si sta procedendo per tentativi. E date le circostanze non potrebbe che essere così. Le difficoltà nascono soprattutto dall’assoluta difficoltà di lavorare sull’impianto a causa dell’altissimo livello delle radiazioni che impedisci turni di lavoro sufficientemente lunghi e comunque espone i tecnici a gravissimi pericoli.
Questa è una delle differenze sostanziali rispetto a Cernobyl, quando il Governo dell’Ucraina per domare il reattore fece intervenire l’esercito. Questa operazione mise a rischio centinaia di soldati che, per coprire il reattore nucleare, realizzarono un “sarcofago” di cemento. I militari restarono però vittime di malattie di ogni tipo e, in alcuni casi, pagarono il loro encomiabile gesto con la vita.
Nonostante le Autorità si affannino in dichiarazioni preoccupate ma tranquillizzanti, appare sempre più chiaro che nella tragedia se verificata la fortuna di venti che hanno spinto verso il mare una parte importante delle fuoriuscite inquinanti.
Il rischio di contaminazioni rimane comunque altissimo, rimesso a fattori fuori controllo, e siamo di fronte ad un contesto territoriale dove a differenza dell’Ukraina (40 abitanti per km quadrato) è fortissimamente urbanizzato e popolato (oltre 1400 abitanti per km quadrato). È chiaro comunque che il rischio non è solo proporzionale alla distanza rispetto alla fonte inquinante, ma anche al tempo di esposizione. Poiché quando si tratta di nucleare molte delle sostanze in questione hanno una persistenza anche di anni, per capire le conseguenze vere dell’incidente di Fukuscima occorrerà attendere per conoscere esattamente dove sono arrivate le sostanze radioattive.
Stando alle notizie ufficiali ad oggi la radioattività più alta si registra presso il reattore n. 2 dove si è raggiunto un livello di 1.000 millisievert/ora (cioè superiore quattro volte al limite massimo a cui un lavoratore può essere esposto in anno). Per dare un’idea della gravità basti prendere lo studio della “Environmental Protection Agency” degli Stati Uniti che ha elaborato una tabella in cui in modo succinto illustra le conseguenze sulla salute a seconda del livello di radiazioni a cui si è esposti. L’esposizione a 50-100 millisievert comporta cambiamenti nella chimica del sangue; 500 millisievert causa nausea in poche ore; 700 millisievert, vomito; 750 millisievert, perdita di capelli, entro 2-3 settimane; 90, millisievert, diarrea; 1.000 millisievert, emorragia; 4.000 millisievert, possibile morte entro due mesi, senza nessun trattamento; 10.000 millisievert, distruzione del rivestimento intestinale, emorragie interne e la morte entro una o due settimane; 20.000 millisievert, danni al sistema nervoso centrale e perdita di coscienza in pochi minuti, e la morte in poche ore o giorni. Per meglio comprendere il rapporto tra radioattività naturale ed inquinamento radioattivo suggeriamo di prendere visione di questa semplice pagina elaborata sempre dall’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti
E intanto anche in Italia, pur senza conseguenze, a seguito dell’incidente di Fukushima si registra l’arrivo delle prime sostanze. Si tratta dello iodio che risulta aumentato (pur entro limiti di guardia) in tutte le analisi degli ultimi giorni.
Vorremmo assolutamente sbagliarci, ma temiamo che le cose siano ancora lontane da una soluzione.
I tentativi d’intervento hanno solo parzialmente dato i risultati attesi e la situazione appare sempre più critica su ben tre reattori nucleari. Sebbene ormai tutti i maggiori tecnici del mondo siano coinvolti nel capire come gestire l’incidente, di fatto si sta procedendo per tentativi. E date le circostanze non potrebbe che essere così. Le difficoltà nascono soprattutto dall’assoluta difficoltà di lavorare sull’impianto a causa dell’altissimo livello delle radiazioni che impedisci turni di lavoro sufficientemente lunghi e comunque espone i tecnici a gravissimi pericoli.
Questa è una delle differenze sostanziali rispetto a Cernobyl, quando il Governo dell’Ucraina per domare il reattore fece intervenire l’esercito. Questa operazione mise a rischio centinaia di soldati che, per coprire il reattore nucleare, realizzarono un “sarcofago” di cemento. I militari restarono però vittime di malattie di ogni tipo e, in alcuni casi, pagarono il loro encomiabile gesto con la vita.
Nonostante le Autorità si affannino in dichiarazioni preoccupate ma tranquillizzanti, appare sempre più chiaro che nella tragedia se verificata la fortuna di venti che hanno spinto verso il mare una parte importante delle fuoriuscite inquinanti.
Il rischio di contaminazioni rimane comunque altissimo, rimesso a fattori fuori controllo, e siamo di fronte ad un contesto territoriale dove a differenza dell’Ukraina (40 abitanti per km quadrato) è fortissimamente urbanizzato e popolato (oltre 1400 abitanti per km quadrato). È chiaro comunque che il rischio non è solo proporzionale alla distanza rispetto alla fonte inquinante, ma anche al tempo di esposizione. Poiché quando si tratta di nucleare molte delle sostanze in questione hanno una persistenza anche di anni, per capire le conseguenze vere dell’incidente di Fukuscima occorrerà attendere per conoscere esattamente dove sono arrivate le sostanze radioattive.
Stando alle notizie ufficiali ad oggi la radioattività più alta si registra presso il reattore n. 2 dove si è raggiunto un livello di 1.000 millisievert/ora (cioè superiore quattro volte al limite massimo a cui un lavoratore può essere esposto in anno). Per dare un’idea della gravità basti prendere lo studio della “Environmental Protection Agency” degli Stati Uniti che ha elaborato una tabella in cui in modo succinto illustra le conseguenze sulla salute a seconda del livello di radiazioni a cui si è esposti. L’esposizione a 50-100 millisievert comporta cambiamenti nella chimica del sangue; 500 millisievert causa nausea in poche ore; 700 millisievert, vomito; 750 millisievert, perdita di capelli, entro 2-3 settimane; 90, millisievert, diarrea; 1.000 millisievert, emorragia; 4.000 millisievert, possibile morte entro due mesi, senza nessun trattamento; 10.000 millisievert, distruzione del rivestimento intestinale, emorragie interne e la morte entro una o due settimane; 20.000 millisievert, danni al sistema nervoso centrale e perdita di coscienza in pochi minuti, e la morte in poche ore o giorni. Per meglio comprendere il rapporto tra radioattività naturale ed inquinamento radioattivo suggeriamo di prendere visione di questa semplice pagina elaborata sempre dall’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti
E intanto anche in Italia, pur senza conseguenze, a seguito dell’incidente di Fukushima si registra l’arrivo delle prime sostanze. Si tratta dello iodio che risulta aumentato (pur entro limiti di guardia) in tutte le analisi degli ultimi giorni.
Vorremmo assolutamente sbagliarci, ma temiamo che le cose siano ancora lontane da una soluzione.
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