sabato 4 giugno 2005

La messa di Don Rutelli - boicottiamola con 4 voti













Rutelli chiede l'astensione. Bertinotti lo attacca: «E' un errore grave»

La messa di padre Rutelli dura quasi due ore. L'annuncio di don Francesco arriva a liturgia quasi conclusa: «Mi astengo». Rutelli non andrà a votare il 12 e 13 giugno. Amen. Dieci secondi per dire che la scelta di Camillo Ruini e dei vescovi italiani è buona e giusta, cento minuti per spiegare la decisione del cittadino Rutelli. Lui si definisce «laico, riformista, democratico e progressista». Insomma uno dell'Ulivo, ma forse oggi non è il caso di approfondire l'argomento. Quando sta per scoccare il cinquantesimo minuto di concione, il presidente della Margherita - che tiene a precisare di non essere al residence Ripetta come presidente della Margherita - inizia a parlare di «antinomie». Sconcerto in sala. Qualche esempio? «Non è possibile adottare il Papa quando dice no alla guerra e parlare di clero invadente sulla fecondazione assistita». Potrebbe già bastare, invece non basta. «Si parla di legge-mostro del governo Berlusconi - cito testualmente insiste Rutelli - si dice che lo Stato pretende di entrare nelle camere da letto, eppure il vicepremier Gianfranco Fini ha già detto che andrà a votare, che voterà tre sì». L'ha detto Fini, non Rutelli. La messa non è ancora finita, qualcuno in sala sbadiglia, si va avanti. Il cittadino Rutelli chiama l'embrione «vita nascente», parla del Bangladesh («ormai sono quasi tutti uomini»), di videogames («bisogna definire le regole e i limiti di chi maneggia il joystick prima di accorgersi delle conseguenze delle nostre esplorazioni»), e poi l'America degli uteri in affitto e degli spermatozoi in libertà. Molto suggestiva la digressione sulla «solitudine dell'embrione, una punta di spillo che può essere gettata in un lavandino». La predica avrà il suo effetto, nel pomeriggio Paolo Gentiloni ed Ermete Realacci si dissoceranno dalla presa di posizione di don Francesco. «Della legge attuale non condividiamo specialmente uno dei principi ispiratori: l'equiparazione dell'embrione, che pure va tutelato, con la persona. Voteremo almeno tre sì». Almeno.

Ritorna in mente una vecchia canzone di Lucio Battisti, adattata alla circostanza: ti stai sbagliando chi hai visto non è, non è Francesco. Invece è proprio lui, Francesco Rutelli. «La tragedia dell'aborto non c'entra con questi referendum. Anche se non tutto si fa per scongiurare l'interruzione di gravidanza». Don Francesco assicura che la 194 non è in discussione, Carlo Casini del "Movimento della vita" ha detto le stesse cose al "Primo piano" del tg3. Crederci?

Ancora avanti (avanti?), don Francesco è un fiume in piena, inarrestabile.

C'è anche Giuseppe Fioroni al residence Ripetta, avvicina qualche giornalista, per ingannare il tempo parla della lettera di Romano Prodi e della Fed. Il tempo di un Ulivo che non è ancora arrivato. Sembra incredibile che quel Rutelli pronto a sostenere la legge sulla fecondazione più restrittiva d'Europa con la destra e i vescovi sia lo stesso di vent'anni di battaglie per i diritti civili, non solo il Rutelli radicale, ma anche il Rutelli sindaco di Roma, quello di ieri e l'altro ieri. E invece è proprio così. «L'astensione è il modo politico più efficace per rigettare i quesiti, la risposta più giusta». E ancora: «Chi vota no involontariamente aiuta chi vuole il sì». Padre Francesco premette: «Ciascuno ha il diritto di esprimere le proprie opinioni sulla fecondazione assistita. Considero che sia stato un errore da parte dei partiti della federazione dell'Ulivo quello di promuovere in quanto partiti questi referendum». Un messaggio, per niente velato al resto degli uniti nell'Ulivo: ai Ds, allo Sdi e ai Repubblicani europei. «I referendum contrastano col programma dell'Ulivo di questa legislatura», sentenzia il cittadino «laico, riformista, democratico e progressista». E visto che si parla della Fed, padre Francesco dà appuntamento all'indomani del referendum. C'è aria da resa dei conti.

Tragiche storie di uteri in affitto, spermatozoi sconosciuti, giudici impotenti. Nella Spagna di Zapatero è il caos. C'è tutto questo nel discorso di Rutelli. «Il non raggiungimento del quorum - spiega - lascia la strada aperta a un miglioramento della legge, mentre il sì farebbe un macello». L'obiettivo dichiarato è quello di «far fallire il referendum» perché «occorre riflettere» sulla necessità di dare «dei limiti» all'uomo che «non è onnipotente». «Occorre - rilancia Rutelli - finanziare in Italia un grande progetto di ricerca sulle staminali, incoraggiare la ricerca».

Rutelli critica «l'estrema semplificazione da parte dei promotori del referendum». Impallidisce di fronte ai manifesti con i genitori che chiedono di votare sì, padre Francesco dimentica di aver firmato insieme a Massimo Teodori, Domenico Modugno ed altri deputati del Partito radicale una proposta di legge che recitava così: «Va consentita la possibilità di inseminazione omologa ed eterologa su donna sposata e non». Era il 1988, sembrano passati secoli.

Il cittadino Rutelli sostiene di parlare da laico, democratico, riformista e progressista, poi cita la clonazione, l'eugenetica, gli uteri in affitto, l'inseminazione post mortem. C'entrano con il referendum? Per don Francesco sì, tutto c'entra pur di giustificare l'astensione. Da destra arriva l'entusiastico commento di Sandro Bondi. Nelle parole del leader della Margherita, la voce (del padrone) di Forza Italia vede il grande centro, quasi lo tocca con mano. «Si aprono prospettive inusitate». In compenso un rutelliano doc come Paolo Gentiloni si dissocia, lui voterà e voterà almeno tre sì. Fausto Bertinotti scuote la testa: «Rutelli fa un errore politico molto grave. Colpisce, rispetto al carattere politico di una legge i cui effetti sulle donne sono così gravi, che un esponente dell'Ulivo assuma una posizione che non è uguale neppure a quella moderata espressa da un leader del governo come Fini, peraltro corresponsabile del varo della legge». Intanto i Ds e lo Sdi sono sempre più preoccupati, di questo passo si potranno fare mille vertici e riunioni senza cavare neanche un rametto di Ulivo dal buco.

La messa di Rutelli è finita, le italiane e gli italiani non vanno in pace. In compenso i papa boys possono aggiungere un posto a tavola, si sono convinti che c'è un amico in più. Un bell'amico.



da www.liberazione.it di Frida Nacinovich (sabato 4 giugno

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