Dopo il rilancio di Berlusconi
Cini: il nucleare insicuro e antieconomico
«Da nessuna parte al mondo si costruiscono nuove centrali, neppure nei Paesi dove ci sono già. Un motivo ci sarà»
«Mi verrebbe da dire che è una berlusconata, come il ponte sullo Stretto o le altre grandi opere promesse dal governo. In realtà siamo di fronte a un fatto grave: all'idea, cioè, che si voglia risolvere un problema importante e decisivo come quello energetico con le solite sparate propagandistiche». Così il fisico Marcello Cini, uno dei padri ispiratori dei movimenti ambientalisti italiani, professore emerito alla Sapienza di Roma, boccia il richiamo di Berlusconi a ripensare al nucleare, in un'intervista pubblicata oggi sul «Corriere della Sera», e aggiunge che non ci sono novità scientifiche rilevabili da giustificare una riconsiderazione del nucleare in Italia.
«Da nessuna parte al mondo si costruiscono nuove centrali, neppure nei Paesi dove ci sono già. Un motivo ci sarà», poi Cini precisa.
« Perchè dico no? Per problemi di sicurezza e di costi. Primo, il tema fondamentale dello smaltimento delle scorie radioattive: oggi come ieri non esiste posto sicuro che possa contenerle, senza procurare danni, per migliaia di anni. Secondo: costruire oggi una centrale nucleare, con spese enormi per allestirla in piena sicurezza, significa averla a regime tra 15 anni o più. E una centrale ha una vita breve, intorno ai 25-30 anni. Dove sta la convenienza? Terzo: non è con questa tecnologia che si affrontano i problemi dell'energia e del declino industriale nel nostro Paese. Questo presuppone una cultura del gigantismo che andava di moda negli anni 50. E non tiene il discorso che il nucleare non inciderebbe sull'effetto serra: anche altre fonti garantirebbero energia pulita e rispetto per l'ambiente».
«Bisogna investire risorse nelle energie rinnovabili come il solare o l'eolico. È ridicolo che la Germania sia avanzatissima in questo campo e l'Italia, che è il Paese del sole, stia a guardare. I progetti da noi ci sono: bisogna lavorare per favorire il solare là dove il sole abbonda, come nei deserti, e poi magari utilizzare l'idrogeno come vettore per portare l'energia là dove serve».
Come spiega, allora, questo ritorno di fiamma? Chiede il quotidiano milanese. «Non lo spiego affatto. Ma capisco che ogni tanto qualche gruppo di pressione si muova. E che anche in qualche circolo scientifico si risvegli la nostalgia del nucleare. Capisco che le pressioni potrebbero cambiare qualcosa. Soprattutto se chi possiede tre tv private e dispone anche di tre tv pubbliche le utilizza per amplificare il messaggio», conclude Cini
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