domenica 15 maggio 2005

Amici per la pelle degli altri













Amici per la pelle. Degli altri
di Stefano Olivieri


Sono gli amanti a non dover chiedere scusa, non gli amici. Il signor Berlusconi si affanna su un lessico postdemocristiano – “…irriducibili discrepanze..” – per trovare una via d’uscita dall’affaire Calipari, ma non trova nulla di meglio che ribadire acriticamente la fedeltà al governo statunitense nell’alleanza irakena.

Ci hanno ammazzato un poliziotto, sappiamo il nome di chi ha sparato e non possiamo nemmeno pretendere le scuse formali del presidente Bush. Lasciamo perdere per un attimo l’immagine dell’Italia, che grazie al premier è ormai banderuola al vento del gossip internazionale, ma che figura ci fa lui, Silvio Berlusconi, quello del “..dear George..”, quello delle gite in jeep fra i cactus del Texas, quello che per strabiliare l’amico americano ha sventrato uno dei tratti più belli della costa sarda per costruirvi un ricovero sottomarino da far invidia alla Spectre ? Che cosa stanno pensando gli elettori dell’invincibile, inarrivabile cavaliere ?

Si consumano così, mestamente e assai poco dignitosamente, gli ultimi fuochi del berlusconismo. L’avventura armata al fianco degli Stati Uniti doveva essere l’asse portante del prestigio estero di un premier altrimenti digiuno di politica internazionale, e invece si è rivelata un cul de sac da cui è difficilissimo uscire, giorno dopo giorno. In più, la morte di Nicola Calipari evidenzia in modo imbarazzante e inconfutabile l’emergenza in cui versa l’organizzazione militare statunitense in Iraq, costretta ad arrangiarsi con i riservisti e con militari di leva che non hanno sufficiente addestramento alle spalle; la guerra si allunga all’infinito grazie anche alla sciagurata gestione di un paese dove l’insorgenza civile è ormai diventata una realtà.

Andreotti, che di politica estera la sa un po’ più lunga di Berlusconi, ha dichiarato in parlamento che se si vuole agganciare il ritiro delle truppe italiane alla pacificazione in Iraq, si dovrà aspettare più di una legislatura. Siamo ormai al ridicolo, a dar retta a Berlusconi e a Martino le nostre truppe potrebbero lasciare quell’inferno anche dopo gli stessi soldati statunitensi. Pur di non ammettere l’errore di una scelta sciagurata, pur di non dover contraddire Bush proprio adesso, in prossimità di elezioni politiche italiane preoccupanti, Berlusconi rassegna le sue personalissime dimissioni dal senso comune delle cose e parla di “discrepanze”. L’amico Bush gli ha telefonato dichiarando “eroe” Nicola Calipari, ma non gli ha chiesto scusa. Non ha chiesto scusa al popolo italiano, che sa schierato in massima parte contro quella guerra. Non lo ha fatto prima di tutto per convenienza personale – perché a casa sua i media lo tallonano molto più di quanto accada in Italia per Berlusconi -, e poi perché sa che Berlusconi lo seguirà sempre, anche all’inferno se fosse necessario. Perché non sono amici, ma qualcosa di più e di peggio. Sono complici. Amici per la pelle degli altri, le centinaia di migliaia di irakeni ammazzati, le migliaia di soldati statunitensi caduti, le decine di soldati italiani sacrificati. Prima o poi si farà tutto un conto, signor Berlusconi.



fonte: www.inmovimento.it

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