mercoledì 25 maggio 2005

Van Der Graaf Generator - Present

Autore: VAN DER GRAAF GENERATOR
Titolo: Present
Anno: 2005
Genere: progressive rock 
Etichetta: Virgin

Quando si è giovani, non si hanno poi molti soldi per acquistare dischi, in compenso si ha molto tempo per ascoltarli. Io un disco appena uscito all'epoca lo ascoltavo in pochi giorni 10, 20 , 30 volte, ne annusavo la copertina, lo rigiravo seguendo i testi, ne imparavo ogni singolo passaggio, in un ascolto concentrato, attento, direi a volte di un rigore semi-professionale, ma anche con amore viscerale e dedizione razionale. Poi gli anni passano, la musica passa spesso come sottofondo, hai qualche soldo in più, ma adesso ti manca il tempo e tendi a bruciare i dischi nuovi in ascolti distratti, infilati tra un impegno e l'altro, spesso in macchina mentre vai al lavoro, cogliendo spesso solo lo sfondo, rinunciando ai dettagli, al gusto dell'inciso, del rimando, del suono, anche del difetto. A proprio ben vedere, molti dei dischi ascoltati negli ultimi anni di tali modalità di ascolto non possono che avvantaggiarsene, come quelle donne coperte di cerone... ti avvicini a cogliere i dettagli e scopri il perché di tanta cosmesi. Ebbene, forse per il fascino del nome, forse per quei caratteri grigi in rilievo nella copertina, forse per quel piccolo logo Charisma che riappare a ricordarmi vinili gloriosi, forse solo perché anche a (quasi) 40 anni covi le stesse passioni e attitudini dei 20, ma mi sono ritrovato ad ascoltare il nuovo disco dei Van der Graaf Generator con l'attenzione e la costanza di un tempo.

Il disco del ritorno, il disco della ricostruzione del gruppo dopo 27 anni. Segno dei tempi. Cosa mi aspettavo? Un'operazione nostalgia? Un nuovo sguardo verso il futuro? Il suono di un carillon dell' infanzia o un urlo primordiale? Rassicurante ordine di vecchi perimetri o convulsioni moderniste? Vecchie ninne nanne o acido nelle mie vene? Espansione dell'Hammill solista o prova corale? Difficile rimanere delusi, in tutti i casi, perché "Present" è tutte queste cose, ed è innanzi tutto, per fugare ogni dubbio, un disco dei Van der Graaf Generator al 100%. Tautologia solo apparente. Hammill, Jackson, Banton, Evans. VDGG. Come annunciato da tempo, 2cd, uno breve ( 38') di canzoni e uno lungo (più di un'ora) di improvvisazioni in studio.

Parte "Every Bloody Emperor" e già è un tuffo al cuore, pochi accordi di liquido piano elettrico e un sax dall'aria conosciuta e quando parte il vocione di Hammill hai già le antenne dritte. Poi un flauto accompagna la voce, Hammill sbuffa nel microfono, il pezzo sale di tono e tu cominci a sorridere. Melodia orecchiabile, dopo due volte la canticchi, entra l'organo, prova un giro che si infrange contro un solo di sax a stento tenuto in carreggiata, ripresa del tema iniziale e tanti saluti a casa. Bello. Molto bello. Per chi conosce il gruppo, è un pezzo che ricorda un po' "Undercover Man" da "Godbluff".
"Boleas Panic", scritta da Jackson, è uno strumentale a tratti lancinante, tutto giocato tra un bel tema di sax e un organo che spinge e si contorce nelle retrovie. Un gorgo magmatico e ribollente. Un urlo senza liriche. I nuovi VDGG scelgono la presa diretta, sembra di assistere a un live in studio, si annusano istinto e imperfezione, fatica e passione ad alto coefficiente drammaturgico. "Nutter Alert" è il secondo brano orecchiabile del lotto, percorso da un Hammill declamante come non mai, con un sax che imperversa tra ordine ed epilessia.

Poi "Abandon Ship" e "In Babelsberg", febbrili e frementi, partono da dove era finiti i VDGG negli anni 70, con "Vital", dal furore istintuale, aspro, tagliente, abrasivo di quel loro epilogo momentaneo, partono da dove il progressive si era arenato come una balena bianca, luccicante ma inerte, partono da traiettorie mutevoli e irregolari che l'Hammill solista ha toccato senza però penetrarvi appieno, partono dal presupposto che un gruppo di ultracinquantenni può anche suonare come una indie-band, tangenti all'intensità del caos senza sposarne mai la scorciatoia creativa.

Chiude il primo cd "On The Beach", con Hammill malinconico al piano accompagnato da un Jackson in vena di cool jazz. Dopo 37' e 34" ascoltati svariate volte, la sensazione di stare ascoltando un bel ritorno a casa è molto forte. Dopo aver ascoltato il secondo cd, ti accorgi che gli ospiti stanno ripartendo. Improvvisazioni. Un gruppo progressive che pubblica un'ora di improvvisazioni. Dei gruppi storici solo i King Crimson hanno dimostrato fino ad ora di aver avuto dimestichezza con il genere. Piaceranno o affosseranno il disco, già in partenza non certo vellutato. L'appassionato di progressive medio non ha inclinazione per l'improvvisazione. Lo dico subito, per me il valore aggiunto di "Present" è tutto nel secondo disco. Il primo è molto bello, il secondo impegnativo, ma straordinario. Niente cacofonie e spontaneismi. Niente una botta e via. Tutti i brani nascono da intuizioni musicali e atmosferiche che si avviluppano, si sgretolano per poi ricomporsi, in un incessante lavorio di fatica creativa posta nell'immediatezza del rapporto con lo strumento. Se Keith Jarrett fosse un gruppo suonerebbe come i VDGG. Un pizzico di elettronica come condimento. Se devo porre qualche riferimento non mi sovvengono né i King Crimson né i Soft Machine, ma piuttosto a tratti gli Spring Heel Jack o addirittura Tim Berne. Suono assolutamente rock e assolutamente vandergraffiano, comunque, addirittura un paio di brani, come ad esempio "Crux", sembrano abbozzi strumentali di canzoni in divenire e forse lo sono.

E allora non resta che passare al voto. Se cambiassero nome, mi aspetterei persino un bel voto da Blow-Up e dal Mucchio. Comunque 4 R da Rockerilla le darei per certe. Ma il voto adesso devo darlo io: 8.

Recensione di Michele Chiusi


Disc One


1. Every Bloody Emperor
2. Boleas Panic
3. Nutter Alert
4. Abandon Ship!
5. In Babelsberg
6. On the Beach


Disc Two


1. Vulcan Meld
2. Double Bass
3. Slo Moves
4. Architectural Hair
5. Spanner
6.Crux
7. Manuelle
8. 'Eavy Mate
9. Homage to Teo
10. The Price of Admission





domenica 15 maggio 2005

Amici per la pelle degli altri













Amici per la pelle. Degli altri
di Stefano Olivieri


Sono gli amanti a non dover chiedere scusa, non gli amici. Il signor Berlusconi si affanna su un lessico postdemocristiano – “…irriducibili discrepanze..” – per trovare una via d’uscita dall’affaire Calipari, ma non trova nulla di meglio che ribadire acriticamente la fedeltà al governo statunitense nell’alleanza irakena.

Ci hanno ammazzato un poliziotto, sappiamo il nome di chi ha sparato e non possiamo nemmeno pretendere le scuse formali del presidente Bush. Lasciamo perdere per un attimo l’immagine dell’Italia, che grazie al premier è ormai banderuola al vento del gossip internazionale, ma che figura ci fa lui, Silvio Berlusconi, quello del “..dear George..”, quello delle gite in jeep fra i cactus del Texas, quello che per strabiliare l’amico americano ha sventrato uno dei tratti più belli della costa sarda per costruirvi un ricovero sottomarino da far invidia alla Spectre ? Che cosa stanno pensando gli elettori dell’invincibile, inarrivabile cavaliere ?

Si consumano così, mestamente e assai poco dignitosamente, gli ultimi fuochi del berlusconismo. L’avventura armata al fianco degli Stati Uniti doveva essere l’asse portante del prestigio estero di un premier altrimenti digiuno di politica internazionale, e invece si è rivelata un cul de sac da cui è difficilissimo uscire, giorno dopo giorno. In più, la morte di Nicola Calipari evidenzia in modo imbarazzante e inconfutabile l’emergenza in cui versa l’organizzazione militare statunitense in Iraq, costretta ad arrangiarsi con i riservisti e con militari di leva che non hanno sufficiente addestramento alle spalle; la guerra si allunga all’infinito grazie anche alla sciagurata gestione di un paese dove l’insorgenza civile è ormai diventata una realtà.

Andreotti, che di politica estera la sa un po’ più lunga di Berlusconi, ha dichiarato in parlamento che se si vuole agganciare il ritiro delle truppe italiane alla pacificazione in Iraq, si dovrà aspettare più di una legislatura. Siamo ormai al ridicolo, a dar retta a Berlusconi e a Martino le nostre truppe potrebbero lasciare quell’inferno anche dopo gli stessi soldati statunitensi. Pur di non ammettere l’errore di una scelta sciagurata, pur di non dover contraddire Bush proprio adesso, in prossimità di elezioni politiche italiane preoccupanti, Berlusconi rassegna le sue personalissime dimissioni dal senso comune delle cose e parla di “discrepanze”. L’amico Bush gli ha telefonato dichiarando “eroe” Nicola Calipari, ma non gli ha chiesto scusa. Non ha chiesto scusa al popolo italiano, che sa schierato in massima parte contro quella guerra. Non lo ha fatto prima di tutto per convenienza personale – perché a casa sua i media lo tallonano molto più di quanto accada in Italia per Berlusconi -, e poi perché sa che Berlusconi lo seguirà sempre, anche all’inferno se fosse necessario. Perché non sono amici, ma qualcosa di più e di peggio. Sono complici. Amici per la pelle degli altri, le centinaia di migliaia di irakeni ammazzati, le migliaia di soldati statunitensi caduti, le decine di soldati italiani sacrificati. Prima o poi si farà tutto un conto, signor Berlusconi.



fonte: www.inmovimento.it

sabato 14 maggio 2005

Pezzo nel pezzo

Pezzi di emozione che non si interrompe
Pezzi di Musica sotto le bombe
Pezzi di maggioranza, pezzi di opposizione
Pezzi di speranza e pezzi di informazione
Pezzi di ferro, pezzi di cemento
Pezzi di deserto, pezzi di frumento
Pezzi di incenso, pezzi di petrolio
Pezzi di kerosene, pezzi di gasolio
Ognuno brucia come vuole
Ognuno è vittima ed assassino
Gira i tacchi e vai in Africa, Celestino!


dal cantautore Francesco de gregori



giovedì 12 maggio 2005

iraqbobycount
















Civilians reported killed by military intervention in Iraq


Min


Max




21523




24415

Pasqua maledetta

Recessione !!! Pil ai minimi storici, Italia situazione allarmante. Ma Mister P2 dice: Tranquilli è tutto sotto controllo, è colpa della Pasqua.

domenica 1 maggio 2005

ancora sul berlusconismo

Come scriveva ieri Michele Serra su Repubblica, Berlusconi non va preso sul serio. Un giorno vuole il partito unico, il giorno dopo se n'è già dimenticato e vuole qualcosa d'altro. Una volta il proporzionale, un'altra il maggioritario, a seconda di cosa gli frulla per la testa.
In realtà sono tutte cortine fumogene. Lasciatelo parlare senza prenderlo sul serio. Se si commentano le sue trovate si fa il suo gioco, che è quello di far dimenticare il suo fallimento.
Però a me sorge un dubbio...
Eppure parlandone e portando alla luce le sue sparate nelle regioni italiane hanno capito.
Non è che standosene zitti ... facciamo il suo gioco.
Dopo tutti questi anni di berlusconismo e sono veramente troppi, parlandone nei forum nei newsgruoup nei blog, facendo satira e controinformazione alle su sparate siamo riusciti a demolire e assottigliare il peso di forza italia e di quell'uomo. Se oggi possiamo dire che siamo quasi alla fine del berlusconismo, proprio ora non devono rimanere "impunite" le sue sparate.
Se berlusconi ha le televisioni e i giornali, ora si sta comperando le radio private... ma noi abbiamo internet, abbiamo le piazze e la fantasia
FORZA FINIAMOLO

un incidente nessun colpevole

Lo schiaffo degli Usa all'Italia
'Un incidente, nessun colpevole'
Eppure NOI ITALIANI ce lo prendiamo nel culo volentieri. All'inversosimile potrebbero i soldati americani sparare contro tutti i soldati italiani in guerra in Iraq e dopo raccontarci che è stato un tragico errore del Fuoco Amico. Noi staremo sempre li, in quel posto ormai super radioattivo. Perchè noi ce l'abbiamo duro !!!





Un Patrimonio Politico

Un patrimonio politico
di ALESSANDRO ROBECCHI
In questi tempi di crisi, di ridicoli balletti, di «teatrino della politica», col capocomico in primo piano, riemergono prepotenti le famose Tre I di Silvio Berlusconi: I soldi, I soldi, I soldi. In consiglio dei ministri, mentre la frana già scendeva sulla sua capoccia, Silvio sbottava: «Uno come me, con un patrimonio di ventimila miliardi, deve perdere tempo con voi...». Non so se la frase, riportata da alcuni giornali, sia vera o soltanto verosimile. Ho atteso una smentita: se oltre a ventimila miliardi hai anche un cervello, una frase così la smentisci, perché è di quelle che ti rendono odioso a ventimila miliardi di distanza. Niente smentita: Silvio aveva da fare. Spedito Letta al Quirinale, in piena crisi di governo, si recava a comprargli un regalo di compleanno (auguri, dottor Letta!), passeggiando per via dei Coronari, tra le botteghe degli antiquari romani. Inutile dire che quando compare all'orizzonte un uomo con un patrimonio di ventimila miliardi, gli antiquari fanno la òla. Non è la prima volta. Fu ancora più diventente quando, cacciato malamente dai suoi amici leghisti e dagli avvisi di garanzia, si lamentò con Scalfaro di aver speso un sacco di soldi per ristrutturare gli appartamenti di Palazzo Chigi. Insomma, talmente cercava una scusa per restare, Silvio, che si aggrappava alla tappezzeria, e avendo pagato alcuni faraonici lavori non voleva lasciare l'appartamento.


C'è, in queste cronachette minori dei tempi del colera, qualcosa di incredibilmente lineare, di spaventosamente coerente. I soldi.


I soldi, sapete, non danno la felicità, ma comprano un sacco di altre cose. Per esempio il lusso di una doppia personalità. Così, mentre il Silvio premier sta talmente aggrappato alla poltrona che bisognerà scarteggiarlo via con l'acquaragia, il Silvio imprenditore passa all'incasso. Vende azioni Mediaset per quattromila miliardi di lire, mantiene intatto il controllo sull'impero mediatico, monetizza la sua attività di governo e la legge Gasparri in primis. Non ci vuole un genio della finanza per annusare l'affarone: basta andare a vedere come stava il titolo Mediaset un anno fa e come stava al momento del realizzo. Bel colpo, e si torna sempre lì, ai soldi.
Ma la frase che resta illuminante è sempre quella: «Uno come me, con un patrimonio di ventimila miliardi...». C'è dentro tutto lo stupore e l'amarezza che in questi luridi tempi moderni e comunisti uno ricco possa contare, in certe cose, come uno povero, o perlomeno come uno normale. C'è incredulità... ma come! E i soldi, allora, non contano niente? Ecco che il problema si fa politico. No, non quella politica lì, quella dei Follini e dei De Michelis che se ne vanno, dei Giovanardi che piangono, dei Fini indecisi a tutto. Ma la politica vera, quella futura del paese. Perché uno che ha in tasca ventimila miliardi, e che ne incassa altri quattromila con l'ultimo barbatrucco finanziario, è pericoloso a prescindere, anche se non fosse presidente del consiglio, anche se non fosse padrone dei media, anche se non fosse unto dal Signore. Uno così ricco è un problema, più che una risorsa, è una minaccia e un pericolo per la democrazia. Questo un comunista lo capisce al volo. Ma anche i signori liberali, sotto sotto, lo sanno. E la prova provata è l'allarme di questi giorni, in cui tutto il mondo padronale si chiede struggendosi: e mo' che ci farà Silvio di tutti quei soldi? Comprerà Telecom? O addirittura una rete Rai? Oppure il Corriere della Sera? Una massa così impressionante di soldi il capitalismo italiano se la sogna di notte e quando si avvicina, la teme parecchio. Ecco perché su una cosa almeno Silvio ha ragione: «Non vi libererete tanto presto di me....». Vero. Anche quando sarà cacciato a furor di popolo dal governo, avrà messo da parte un tale groviglio di interessi lubrificati con i soldi che sarà impossibile scioglierlo per decenni. Stava fallendo di brutto, ha passato dieci anni sul tram della politica, e quando lo costringeranno a scendere sarà il più ricco e potente di tutti. I soldi, appunto. Ed è per quello che, senza nemmeno smentire, o schermirsi, o vergognarsi un po', Silvio può dire frasi come quella: «Uno come me con un parimonio di ventimila miliardi, deve perder tempo con voi...». Che è l'esatta, perfetta, cristallina riproduzione di quel che Alberto Sordi /Marchese Del Grillo dice al popolino romano: «Io so' io, e voi nun siete un cazzo!». Ah, i soldi! 

MayDay May Day

Uno striscione con la scritta MayDay MayDay, compare sul Teatro della Scala (Milano)
foto disponibile su Indymedia Italy

1°maggio come vedere il concerto in Tv o via internet


Sarà possibile seguire in diretta su Raitre, Radiodue e su internet da Rainet, il Concerto del Primo Maggio, diventato ormai un appuntamento fisso per migliaia di giovani che si radunano ogni anno, dal 1990, nella grande piazza romana:
 Raitre trasmetterà in diretta il concerto dalle 16.00 alle 18.55; dalle 19.58 alle 23.00; dalle 23.25 a dopo mezzanotte.
 Radiodue seguirà l'evento con Catersport alle 16.00 alle 17.00 (interventi da piazza San Giovanni all'interno della trasmissione) e proseguirà con Stradafacendo dalle 17.00 fino alle 24.00. 
 Gli utenti della rete potranno seguire per intero il concerto di piazza San Giovanni, collegandosi con Rai.it a partire dalle ore 16.00 fino alle 24.15