venerdì 13 gennaio 2006

La guerra al terrore ha prodotto solo terrore
















La guerra al terrore ha prodotto solo terrore
di Robert Fisk (da www. zmag. org)
Quello che si è appena concluso è stato l’anno della “guerra al terrore” - una ripugnante espressione che tutti abbiamo ripetuto a pappagallo dopo l’11 settembre - apparsa essere senza fine come George Bush una volta affermò che sarebbe stata. E fallimentare. Perché, dopo i bombardamenti sull’Afganistan, il rovesciamento dei talebani, l’invasione dell’Iraq e il suo pauroso dopoguerra, può qualcuno affermare oggi di sentirsi più sicuro di un anno fa?
Abbiamo proceduto facendo a pezzi i diritti umani, come avevamo rimproverato ai russi - e agli arabi - di fare durante la guerra fredda. Abbiamo così, forse, fatalmente indebolito tutti quei principi che erano scritti nei trattati e convenzioni prodotti alla fine della seconda Guerra Mondiale per fare del mondo un posto più sicuro. E sosteniamo che stiamo vincendo.
Dov’è, per esempio, il terrore. Di certo è per le strade di Bagdad. E forse ancora nel nostro glorioso occidente se continuiamo con questa follia. Ma il terrore è anche nelle carceri e nelle stanze di tortura del Medio Oriente. E’ nelle celle nelle quali abbiamo allegramente spedito prigionieri in catene in questi ultimi tre anni. Che Jack Straw (ministro degli Esteri della Gran Bretagna) dica che nessuno uomo viene mandato alla tortura è forse una delle più straordinarie - forse è meglio dire assurde - affermazioni che siano state fatte in questa “guerra al terrore”. Se non vengono torturati - come è accaduto allo sfortunato canadese scaricato a Damasco da New York - allora perché mandarli lontano?
E come possiamo supporre di “vincere” questa guerra ignorando tutte le ingiustizie che stiamo infliggendo a quella parte del mondo da cui provenivano i dirottatori dell’11 settembre? Quante volte i signori Bush e Blair hanno parlato di “democrazia”? E quante volte hanno parlato di “giustizia”, di revisione di torti storici, della fine della tortura? Le vittime principali della “guerra al terrore”, naturalmente, sono state in Iraq.
Ma, strano a dirsi, stiamo in silenzio riguardo agli orrori che vive la gente in Iraq. Noi non sappiamo neanche - non ci è permesso di sapere - quanti di loro sono morti. Sappiamo che 1.100 iracheni sono morti di morte violenta nel solo mese di giugno. Questo è terrore.
Ma quanti sono morti nelle altre città dell’Iraq, a Mosul e Kirkuk e Irbil, e ad Amara e Fallujah e Ramadi e Najaf e Kerbala e Bassora? Tremila a Giugno? O quattromila? E se queste stime sono accurate, stiamo parlando di 36.000 o 48.000 nel corso dell’anno la stima fatta ad Aprile 2003 di 100.000 morti, che Blair ridicolizzò, alquanto prudente, o no?
Non è passato molto tempo, ricordo, da quando Bush ci spiegò che tutti gli arabi hanno desiderato la liberazione dell’Iraq.
Io non conosco nessun arabo oggi che desidererebbe contemplare una tale sfortuna, non ultimo per via del settarismo delle autorità elette.
Quest’anno ha permesso ad Ariel Sharon di raggiungere il suo obbiettivo: trasformare la sua guerra coloniale in una parte della “guerra al terrore”. Ha anche permesso alla violenza di al-Qaeda di raggiungere più paesi arabi. La Giordania si è aggiunta all’Egitto. La disgrazia sommerga quelli di noi che sono ora prigionieri della gigantesca macchina da guerra che circonda il Medio Oriente. Perché, mi chiedono gli iracheni, le forze americane -di terra o aeree - sono in Uzbekistan? E in Kazakhstan e Afganistan, in Turchia e Giordania (e Iraq) e in Kuwait e Qatar e Bahrain e Oman e Yemen ed Egitto e Algeria (ci sono forze speciali Usa con base vicino a Tamnrasset, che co-operano con lo stesso esercito algerino che fu coinvolto nel massacro di civili nel corso degli anni 90)?
Date giusto un’occhiata alla mappa e vedrete gli americani in Groenlandia, e Islanda, e Gran Bretagna, e Germania, ed ex-Yugoslavia e Grecia - e ci ricongiugiamo alla Turchia. Come è nata questa cortina di ferro dal Polo alle frontiere del Sudan? Qual è il suo scopo?
Queste sono le domande che chiunque cerchi di capire la “guerra al terrore” dovrebbe farsi.
E che dire dei kamikaze? Da dove vengono questi eserciti di suicidi? Siamo ancora ossessionati con Osama bin Laden. E’ vivo? Si. Ma importa? Assolutamente no. Perché ha creato al-Qaeda. Il mostro è stato partorito. Sperperare i nostri soldi per cercare persone come bin-Laden è altrettanto inutile che arrestare scienziati nucleari dopo l’invenzione della bomba atomica. Essa è con noi.
Finché non ci occuperemo dei veri problemi del Medio oriente, dei suoi trascorsi di sofferenza ed ingiustizia, anche al-Qaeda starà con noi.
Per me l’anno appena trascorso ha avuto inizio con una grande esplosione a Beirut, ad appena 400 metri da me, quando una bomba uccise l’ex premier Rafiq Hariri. Esso è continuato il 7 luglio quando una bomba fece saltare due treni dietro di me sulla linea Piccadilly. Oh, il mondo pericoloso nel quale viviamo. Suppongo che tutti dobbiamo fare scelte personali in questi giorni.
La mia è che io non permetterò all’11 Settembre 2001 di cambiare il mio mondo. Bush può credere che 19 arabi assassini cambiarono il suo mondo. Ma io non lascerò loro cambiare il mio. Spero di avere ragione.
13 gennaio 2006

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